Pubblicato su politicadomani Num 92-93 - Giugno/Luglio 2009

Emergenza immigrazione e diritto internazionale
in salsa italiana
Nazionalisti in Europa, europeisti a casa

di Alessia Centioni

Oltre a colorite quanto improbabili applicazioni a casa nostra della Convenzione di Ginevra del 1951, quando si tratta di decidere in ambito UE su problemi di interesse comune, molti degli eletti nel Parlamento europeo soffrono di una grave forma di dissociazione della personalità

Ha applaudito solo il Governo con la maggioranza che lo sostiene, al respingimento in mare di centinaia di immigrati voluto dal ministro Maroni; l'esecutivo ha perfino ribadito la legittimità, la giustezza e il coraggio del provvedimento. Da ogni altra parte si sono levate critiche molto aspre contro la decisione di respingere quelle navi cariche di uomini, donne e bambini arrivati ormai allo stremo delle forze, ai confini tra la vita e la morte. Non c'è stato nessun coraggio e neanche nessuna legittimità giuridica in quella decisione. Nella questione dei respingimenti, a parte le motivazioni politiche tutte interne, l'UE ha il torto di non aver saputo imporre agli Stati membri norme chiare e precise: il quadro legislativo è molto confuso e ha urgente bisogno di chiarezza.
Maroni si è difeso dall'accusa di violazione del diritto internazionale appellandosi ad un "principio del respingimento", riconosciuto, a suo dire, dalla normativa europea (quale?) fondata sulla Convenzione di Ginevra del 1951. Il "principio" invocato da Maroni non spiega quale normativa si applichi a coloro che, come previsto dalla Convenzione, hanno diritto di asilo politico, molti dei quali presumibilmente erano stipati sui barconi respinti in mare aperto. La contraddizione è evidente: se non si rispettano le convenzioni internazionali non si rispettano neanche le norme dell'UE che a quelle si riferiscono. Inoltre, come ribadito dal portavoce del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Ron Redmond "il principio di non respingimento non conosce limitazione geografica e gli Stati sono obbligati a rispettare questo principio ovunque esercitano la loro giurisdizione, in alto mare incluso". L'Italia quindi, respingendo i migranti, deve assicurare che le persone inviate in uno Stato terzo possano godere della protezione dei loro diritti di migranti e di rifugiati. Il ministro Maroni, che è sicuro (oppure è indifferente, fa lo stesso) che questo si verifichi, ha dato inizio al rinvio dei barconi: destinazione Libia, paese firmatario dell'accordo bilaterale con l'Italia.
Con i respingimenti in Libia si apre però l'ennesima profonda ferita al diritto internazionale. La Libia, infatti, non ha mai firmato la Convenzione ONU sui rifugiati del 1951; né nel recente accordo tra Berlusconi e Gheddafi si fa alcuna menzione del rispetto dei diritti umani per il paese nord-africano. È certo allora che, una volta "rispediti" in Libia, per quei migranti non ci sarà nessuna autorità a garanzia dei loro diritti fondamentali, né tanto meno del loro diritto soggettivo all'asilo politico.
L'Italia è l'unico paese dell'UE privo di un sistema completo di norme in materia (sebbene da anni sia tappa di flussi migratori provenienti dall'Est Europa e dal Mediterraneo); e tuttavia anche l'impegno europeo è mancato. Nel 2004 è stata istituita l'agenzia europea Frontex, che si occupa della gestione delle frontiere esterne. È un'agenzia intergovernativa le cui funzioni comprendono cooperazione di polizia e cooperazione giudiziaria in materia penale. L'agenzia ha spesso denunciato la inadeguatezza dei fondi messi a disposizione dagli Stati membri e la conseguente inefficienza e indisponibilità di mezzi che ne deriva. Frontex potrebbe avere un ruolo fondamentale nella cooperazione fra l'Italia e i paesi mediterranei (in particolare con la Libia, dove arrivano per imbarcarsi i migranti dell'Africa sub-sahariana): esercitando, per esempio, il controllo prima della partenza, pattugliando le coste e identificando gli immigrati, e riducendo così anche il traffico di esseri umani.
Coloro che accusano l'Unione europea di essere insufficiente e lontana e le rimproverano l'assenza di politiche efficaci appartengono proprio a quegli Stati che si sono adoperati per toglierle il diritto ad esercitarle. Incapaci di gestire "emergenze" pluridecennali, cercano di nascondere l'inadeguatezza delle politiche adottate mostrandosi autoritari e decisi. Eletti nelle fila dei partiti di destra, pur essendo maggioranza in tutte le istituzioni europee non riescono a trovare una soluzione. Schizofrenici: seduti in Consiglio europeo a Bruxelles si sentono nazionalisti; quando rientrano nei loro stati nazionali sono europeisti.

 

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